By Beatrice Nasta, member of the WBP Executive Committee

 

Quale è il ruolo dei bambini in questa pandemia?

Quale è il danno arrecato loro dalla mancanza di apprendimento e interazione con i loro pari?

L’insegnamento digitale può rappresentarne la panacea?

Le scuole vanno riaperte? E se sì, con quale approccio?

Il Webinar “Covid-19: Effetto dell’isolamento sociale sui bambini”, organizzato dal Women’s Brain Project, ha cercato di rispondere a queste domande sollevando un tema importante, rispetto al quale appare sempre più urgente intervenire. Tra le innumerevoli conseguenze negative del Covid-19 sulla sanità e sull’economia del Paese, ci sono anche gli effetti deleteri dell’isolamento e della chiusura delle scuole sui bambini che sembrano non essere oggetto di alcuna attenzione.

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La psichiatria, rappresentata nel Webinar dalla dottoressa Alessia Schinardi, constata molteplici effetti negativi dell’isolamento sui bambini: si tratta di comportamenti aggressivi, ma anche di abuso degli strumenti digitali, e ancora di sintomi quali tic e difficoltà di addormentamento, di scoppi di pianto, di somatizzazioni come forti mal di pancia ma anche di segnali di disagio più espliciti che provengono dai disegni degli stessi come descritto dalla maestra Maria Ranieri “guardo dalla finestra, vorrei uscire ma non posso…fuori c’è il Coronavirus” (Claudia, 8 anni).

Le evidenze scientifiche a disposizione, proposte dalla psicoterapeuta Marta di Meo, parlano chiaro: oltre ad una perdita economica, nei termini di un minor reddito lavorativo futuro stimato del 7%, vi sono altri effetti deleteri quali insuccesso scolastico, difficoltà nel creare delle nuove amicizie, perdita di fiducia e di autostima, nonché aumento dello stress e minor sviluppo di abilità scolastiche e comunicative.

La scuola infatti non è solo la base per la educazione e il futuro avvio professionale, ma rappresenta un luogo di sviluppo psico-sociale insostituibile anche nelle famiglie più attente e culturalmente elevate. L’apprendimento tra pari è fondamentale per lo sviluppo psicologico del bambino e per la struttura identitaria dell’adolescente, per l’acquisizione di competenze sociali che l’isolamento uccide. Il paradosso è che le famiglie non hanno le risorse per poter rispondere a questa urgenza psicologica, e non, come si precisa nel Webinar, perché pecchino di buona volontà. Un genitore è un genitore e non può diventare amico e insegnante, non può essere per il bambino il riflesso di tutto questo.

Gli effetti collaterali descritti sono stati confermati dai numerosi partecipanti al Webinar, che hanno inondato di domande le esperte descrivendo situazioni di disagio psicologico significativo nei loro bambini e una difficile conseguente loro gestione.

Come messo in evidenza dalla neuro-scienziata Nicoletta Iacobacci, i bambini di oggi sono nati con la tecnologia, per loro non c’è nessuna novità nell’uso di un cellulare o un di tablet, ma questi strumenti non possono sostituire i contatti sociali, l’apprendimento che ne deriva, e necessitano di essere utilizzati in maniera appropriata dunque con delle limitazioni e dei contratti, che sempre il genitore, che nel frattempo starà cercando di mantenersi un lavoro, deve realizzare. La scienziata Maria Teresa Ferretti ha poi messo in evidenza i dati scientifici fino ad ora disponibili: i bambini possono contrarre il virus ma non sono risultati al momento i pazienti zero di alcun focolaio seppur asintomatici. Emblematica è la storia del ragazzino che si è infettato sciando sulle Alpi francesi. I sintomi, peraltro molto lievi, sono subentrati dopo il rientro a scuola e il tracciamento dei suoi 169 contatti non ha rilevato alcun infettato. Al momento poi, i Paesi che hanno riaperto le scuole, come la Danimarca, non hanno riscontrato nuovi picchi di contagio. Anche la limitrofa Svizzera ha riaperto le scuole con tutta una serie di variazioni e precauzioni nonostante il tasso di contagiati rispetto alla intera popolazione fosse il più alto di Europa: dovremmo aspettare qualche giorno per vederne gli effetti ma questa presa di posizione diametralmente opposta all’Italia non può non far riflettere.

La domanda sorge dunque spontanea: mantenere le scuole chiuse rappresenta davvero la soluzione migliore? Oppure, visti gli effetti collaterali sociali, psicologici ed economici di questa scelta sui bambini, dunque sul futuro della nostra società, potrebbe avere più senso una riapertura graduale, come sta avvenendo per tutto il resto delle attività e dei Paesi europei, senza quindi aspettare il prossimo settembre e lasciare maturare all’Italia un altro debito?

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